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curarci, per salvarci dalla morte, per conservarci la vita.
Il male: questa piú grave delle umiliazioni. La morte:
questa umiliazione suprema. Ora Malino si spiega l im-
pressione di servitú che dà l uomo ammalato e perché
anche l uomo piú eccelso, piú solitario, scende ammalan-
dosi a confondersi con la plebe.
Perché si crede che l abitudine richieda molto tempo
a maturare? Perché l idea di abitudine si associa inevita-
bilmente all idea di lentezza? Malino stupisce della rapi-
dità con la quale egli si è abituato a questa sua nuova si-
tuazione. Stupisce della rapidità con la quale egli si è
abituato a tutto che di nuovo, d inatteso, d inaudito è in
questa sua nuova situazione. Stupisce della naturalezza
con la quale egli considera ora la sua nuova situazione.
Il dolore all inguine è forte sí, e piú forte è il fastidio di
quel groppo chiuso che Malino lo sente non si potrà
sgroppare se non per un taglio reciso; ma questo dolore
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Letteratura italiana Einaudi
Alberto Savinio - Casa «La vita»
tuttavia sta sotto alla sua fama, è meno violento di come
lo rappresenta il leggendario dei dolori, il quale lo defini-
sce intollerabile, e tale da mandare l uomo fuori di testa.
C è un grigio su questo dolore. C è un banco di nebbia.
Malino già si è abituato al «suo» dolore. Pensa che po-
trebbe vivere in compagnia del suo dolore sempre. È
cosí facile dunque abituarsi anche al dolore? Il fastidio
del groppo gli è meno sopportabile. Questo qualche cosa
che gli pesa sull inguine. Come se qualcuno gli si fosse
buttato addosso a togliergli la luce, a impedirgli di vede-
re, di muoversi, di respirare; qualcuno di cui Malino si
vorrebbe liberare con una scrollata. Nel leggendario del
male che lo ha colpito è compreso anche il vomito. L as-
sistente taurocèfalo gli domanda se ha sforzi di stomaco.
Usa invero la parola «conati». Anche il medico faunesco
gli domandava dentro l automobile se aveva sforzi di sto-
maco. E lo stomaco invece è tranquillissimo. Sembrò an-
zi a un certo momento che mancando le nausee, il male
di Malino fosse meno grave. Illusionil!
Ma questo è il fondo della situazione di Malino: un
fondo tutto brulicante, tutto in mosto: un fondo nel
quale si confondono e agitano il dolore e il fastidio del
peso sull inguine, l umiliazione della propria impotenza
e l attesa della operazione imminente soprattutto
l idea della morte. Sul quale fondo Malino è riuscito a
stendere una superficie di simulata calma.
«È questa dunque la famosa e tanto vantata forza
d animo?». Cosí pensa Malino e poiché il gioco riesce
perfetto, egli è contento di sé.
Malino parla col chirurgo. Parla con l assistente. Par-
la col medico faunesco. Parla con gli amici che lo hanno
seguito in clinica e circondano il suo letto. Parla non so-
lo con la sua facondia abituale, ma accentua il tono
scherzoso. Parla di sé quasi si trattasse di un altro. Segue
i preparativi dell operazione come se questi preparativi
fossero per un altro. Tiene a mostrare che nulla gli sfug-
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Letteratura italiana Einaudi
Alberto Savinio - Casa «La vita»
ge di questi preparativi; che essi del resto non gli riesco-
no affatto nuovi; che li conosce per pratica personale.
Niente umilia tanto Malino quanto che si possa sospet-
tare che ci sono cose a lui ignote. Sotto la mostra ininter-
rotta della coscienza vigile e dell esercizio pieno del suo
giudizio e della sua volontà, Malino cerca nascondere
l umiliazione bruciante del suo stato d impotenza.
I preparativi entrano in una fase piú attiva. Si tratta di
spogliare Malino senza sollevargli le gambe dal letto.
Malino ha notato che finché stava in casa di Donata, e
benché già attaccato dal male, era libero di stare corica-
to o in piedi, immobile o camminare; ma da quando
gl infermieri lo hanno coricato sulla barella, la sua posi-
zione è stata decretata per sempre: Malino deve stare su-
pino e sola posizione consentita da coloro i suoi pa-
droni è la posizione orizzontale.
Spogliarsi in quelle condizioni è tutt altro che facile.
Farsi togliere il paltò di sotto al corpo, sfilare le braccia
da entro le maniche, farsi togliere la giacca, il panciotto,
la camicia. Malino si sforza oltre il necessario. Per dimi-
nuire la difficoltà, per renderla apparentemente agevole.
Si sforza «per pudore». Aiuta «se stesso». Quasi non
fosse lui l operando, ma uno che aiuta l operando. Per
ingannare gli altri e forse, dentro, molto profondo, per
ingannare anche se stesso. Pesa enormemente, imbaraz-
za insopportabilmente questa premura eccessiva che co-
loro hanno per lui, questo agitato occuparsi di lui, quasi
egli non sia piú buono a nulla solo perché lui, ora, è
l ammalato: colui che sta per essere operato.
La spogliazione è terminata. Ma anche una volta Mali-
no si è illuso. Soltanto la prima parte della spogliazione è
terminata. Cose piú gravi lo aspettano, piú imbarazzanti,
piú penose. L assistente taurino e il medico faunesco co-
minciano, ciascuno da un lato, a tirargli giú i calzoni. Non
hanno l aria di neppur sospettare che anche per metafora
questa operazione è il simbolo piú volgare ma piú chiaro
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Letteratura italiana Einaudi
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assieme che noi siamo vinti e svergognati. Malino ferma
con le sue le mani di entrambi. Coloro non capiscono.
Credono l opposizione di Malino una reazione del dolo-
re all inguine e vogliono continuare. Ma con voce chiara
e ferma egli dice: «Un momento! Scusate!». Poi a Maria,
ferma di lato al letto e pronta essa pure a «calargli le bra-
che», dice abbassando il tono e addolcendolo: «Ti di-
spiace, Maria, di uscire un momento dalla camera?». An-
che questo gli riesce perfettamente bene: mostrare che
malgrado il dolore, malgrado l imminenza dell atto ope-
ratorio, malgrado le esigenze cliniche e il rilassamento
giustificato dalla sua condizione di infermo e di uomo
che il male ha ridotto all impotenza, egli è ancora tanto
padrone di sé, tanto lucido, tanto «forte» da non si la-
sciar trattare come un corpo morto, da non abbandonar-
si all impudicizia, di saper praticare ancora il tatto e la
delicatezza dovuti a una signora.
Continuano gli esperimenti sulla rapidità dell abitu-
dine.
Entrano due suore bianche. Una regge un pennello da
barba fiorito di spuma in punta, l altra un rasoio Gillette.
Come mai nessuno s accorge dell errore? Come mai
nessuno dice alle due suore di uscire?
L assistente taurocèfalo scarta senza cerimonie le ma-
ni di Malino riunite sull inguine e con indice perentorio
«lí!... lí!... lí!...» dirige ora l operazione della insapona-
trice, ora quella della rasatrice.
Perché torturare uno che già sta cosí male? Come mai
non si pensa, in luogo specialmente adibito al lenimento
del dolore, che piú forte del dolore fisico è il tormento
morale del pudore violato?
Risposta a questi interrogativi non verrà. Già Malino
si è abbandonato. E tranquillo pensa quanto presto egli
si è abituato anche a farsi radere il pube da due suore
bianche, una delle quali parla con l accento gemitante di
Campobasso.
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Travasano novamente Malino dal letto sulla barella e
lo trasportano in sala d operazione. Passando nel corri-
doio Malino stringe la mano di Maria e le dice: lí!
Ciao!». Interesserebbe studiare i significati sfumatissimi
che prende in italiano questo rude saluto dei contadini
piemontesi. E una volta ancora travasano Malino dalla
barella sul lettuccio operatorio, sotto una padella di me-
tallo bianco nella quale brillano riunite quattro lampade
potentissime, simili a quattro perle luminose raccolte in
una medesima valva. Malino sa che intorno sono le ve-
trine e i tavolini rotabili brillanti di strumenti puntuti e
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